A fior di pelle: le poesie d’esordio di Caterina Maraldi

PoemA fior di pelle: le poesie d’esordio di Caterina Maraldi
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A fior di pelle: le poesie d’esordio di Caterina Maraldi

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“Ho bisogno che qualcuno creda alle mie/ lacrime.”

Le poesie brevi e concise dell’autrice Caterina Maraldi condizionano un mutamento continuo di sé, una scoperta del proprio essere e una rinascita dello stesso attraverso il linguaggio poetico.

Pelle è la silloge d’esordio della giovanissima autrice, classe 1999: il titolo suggerisce le emozioni e le sensazioni che quasi a fior di pelle – e con l’emergenza della loro esplicitazione – scardinano il suo pensiero a fronte dell’esperienza di vita che l’autrice fronteggia e vive, con una sottesa inquietudine che l’accompagna nella scrittura: il tempo si oppone al pensiero e ogni poesia che cerca l’autenticità dell’essere e come un respiro si arresta nell’intuizione poetica accesa in particolare dalle chiuse, dove ogni sentimento pare oscurato dal presentimento della caducità delle cose:

Sotto una pioggia di aghi

un vecchio eunuco.

Parliamo in cifre

mi fa toccare la serie numerica

mi lacera un braccio.

Gli piace cullarmi

sta nevicando sale.

La conclusione coincide con l’inizio.

Pelle legge le sensazioni, prime avvisaglie di un corpo aperto ai sensi e la persona nella sua interezza che si affaccia al mondo, e, tramite coscienza, anche al mondo poetico. Il libro si contrappone alla tendenza editoriale di propinare testi diaristici con scrittura in versi (come nell’esempio di Charly Cox, di cui abbiamo già parlato):vi si rivela invero una testimonianza dolce e una ricostruzione di un vissuto di sé mentre si incammina in luoghi già lontani all’infanzia e alle convenzioni familiari e approda a una voce poetica verace, un appello all’autenticità del proprio sentimento.

Nell’attesa dell’entusiasmo

i polpastrelli neri

elaborano teoremi

mentre mi interroghi severamente

e senti il fraterno amore

per il mio blaterare

La poesia di Caterina Maraldi è richiamo a un dialogo col prossimo e un’autenticazione della propria esistenza, rivelatasi nell’amore mutevole di sé.


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