Impossibile parlare di Poesia. La Verità secondo Celan.
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Paul
Celan (1920-1970) avrebbe potuto scampare al fatale epilogo della
sua vita? L’epilogo era anche la fine di un incubo originato dalla
persecuzione nazista, in quanto ebreo. Riuscirà a sfuggire alla
deportazione; ma il padre, catturato, muore di tifo e
la madre viene fucilata nel campo di concentramento di Michajlovka,
in Ucraina. -
Celan
muore suicida gettandosi nella Senna. -
L’autoannientamento
fermò l’annientamento dell’anima che altri stavano ancora
operandosu di lui? Ma –
si dice – c’è sempre una possibilità, una scelta; col senno di
poi, ogni scelta sembra giusta rispetto al suicidio. -
Poteva
forse Celan poetare – vivere – con una lingua diversa da
quella materna, quella tedesca? Non poteva con un’altra lingua, un
nuovo linguaggio – il francese, per esempio – aggrapparsi alla
speranza di salvarsi e continuare a vivere e scrivere? Il tedesco è
la lingua dei persecutori che lo avevano quasi annichilito – ma
Celan se ne riappropria: e forse è una scelta di ribellione,
dignità, libertà, una scelta d’amore. L’inflessione tedesca, le
parole, il suono, il ritmo che questa lingua induce, colmano
tuttavia la sua sofferenza, nutrono gli incubi notturni. La sua
stabilità mentale è incerta. Come fare poesia? Che cos’è
soprattutto la poesia? Egli scrisse a Parigi, nel 1967, durante il
ricovero in una clinica psichiatrica della capitale francese:Canto
d’emergenza dei pensierinato
da un sentimento,che
hadei
nomi svegliati dal cantonon
molti,spinoso,
così,
inconfondibile,dalla
macchia di duro fogliame,sorge
con loro; a teincontro,
spinoso,
vaga
un
piccolo morire.È
la definizione di Celan della Poesia. -
Ma
perché Celan – come forse ogni poeta – avvertiva ogni giorno
questo canto di emergenza? E perché cantare quando la
propria vita, dedicata a una poesia su una lingua di persecutori e
assassini, una lingua evocante ombre del passato e incubi
inenarrabili, rischiava di terminare per sempre? -
Le
poesie di Celan erano fra la vita e la morte – non oscillando fra
i due estremi, ma sintetizzandoli. Vita e distruzione, Eros e
Thanatos. -
La
poesia segue cadenza e ritmo del cuore – una cadenza che si fa
visibile con i versi e gli a capo (segno di distinzione dello
scrivere poesia) laddove gli spazi sono inconsueti momenti di
silenzio fra un battito e l’altro – ma il cuore teme sempre di non
battere più; e chissà, in tal paura esso pulsa e si palesa con
maggior vigore. -
La
poesia, nascendo dal nulla, si manifesta esclusivamente nell’essere
umano: da morte a vita; da vita a morte. -
Ed
essa, essente, non nasce mai, poiché essa è. È
eterna. Il suo scrittore – il suo tramite – appare e scompare,
nel suo divenire (quel fuoco annientante al quale l’uomo
appartiene, come diceva Emanuele Severino) e a essa si rivolge;
o la ascolta come quando la notte, prima del sonno, ascolta il cuore
battere: indipendentemente dalla volontà propria. -
-
In
questa strana pena si manifesta la poesia che attraversa il tempo,
apparentemente intatta eppur piena di cicatrici e dissonanze che il
tempo stesso porta. E tuttavia come capire il tempo fuori dalla
nostra soggettiva percezione del suo flusso? La poesia non affronta
la questione, se non quando si dilunga (a rischio della propria
qualità) in dissertazioni filosofiche che ne sbriciola la musica:
essa eternamente continua ed è forse prerogativa (o meravigliosa
condanna?) dell’uomo avvertire questa eternità fuori dal nulla.
Scrivendola sfiora la percezione di questo canto d’emergenza che si
avvicina a spazi mai affrontati prima: ma tocca scriverla con un
dominio del linguaggio assoluto e una consapevolezza mai
appariscente. -
Celan
si rifaceva dunque alla lingua tedesca, lingua insanguinata, ma era il suo
mezzo per eternare qualcosa di cui era partecipe, nascosto nel
significante di un qualsiasi pezzo di mondo. Era un eternare in cui
poteva iniziare quel canto d’emergenza, appunto, insopprimibile. Un piccolo morire – come l’orgasmo dopo l’amore –
per continuare a vivere rifiutando di sopravvivere. -
E il
poeta, insomma, più che scrivere poesia, la incontra.
Infatti, liricizzare il proprio vocabolario non è bastevole per
dirsi poeti. Più lo scrittore si annulla sulla ricerca fedelissima
della verità di sé e della vita, e di altri da sé, più si
avvicina alla poesia: annullandosi. Proprio allora, forse, è poeta. -
Mentre
scrive parola per parola, egli pensa:, consapevole dell’atto
creativo, subisce la percezione vertiginosa che il tempo va
annullandosi, o non esiste. -
L’emergenza
quasi fisiologica del “canto” combacia misteriosamente con la
immediata percezione e comprensione del canto stesso –
rischiandolo addirittura di renderlo incapace di cantare – di
poetare. Poetare è come indagare; Ezra Pound:Io
sono colui che conosce le vieDel
firmamento, e il mio corpo è formato dal vento.
Il ritmo –
il respirare le parole – scandisce la libertà del fare,
giacché vivere cioè poetare è respirare e viceversa. Il poetare
costringe a vivere in egual misura l’istante in cui cogliere la
verità dell’esistere, la vita, e contemplarla; e allora che cosa
resta di sé, se non quell’intima luce di coscienza, così remota,
che più è lontana più si fa luminosa, una stella persa nell’oscurità?
Celan si ritrovava
pertanto a morire, a un piccolo morire fino al fuoco della morte
definitiva, fino a non apparire più: ritornando all’origine della
vita. La poesia era la sua salvezza eterna nella bellezza.
La verità della Poesia
di Paul Celan
Edizioni Einaudi
Pag. XXXV – 58, € 14