Jim Morrison, dopo cinquant’anni

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Jim Morrison, dopo cinquant’anni

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“You know the day destroys the night .”

Le porte del rock psichedelico

La stagione creativa dei Doors, brevissima e straordinaria, si innervava su due peculiarità fondamentali: la poesia e la musica. Connubio imprevedibile e e straordinario che offriva un mondo unico una volta oltrepassate le “porte della percezione” (parafrasando Aldous Huxley e William Blake).

Capelli avvolti nel fuoco

Cinquantanni fa moriva Jim Morrison, l’istrionico frontman dei Doors. L’ultimo periodo della sua vita pareva improntato all’insegna dell’ottimismo: l’ultimo album del gruppo, L. A. Woman, era da poco uscito e la critica vi aveva ravvisato una rinascita creativa serena in cui il gruppo mostrava un’alchimia quasi perfetta anche grazie a una forte riaffermazione del blues; non propriamente un ritorno alle radici, bensì una combinazione artistica che prometteva nuovi e intensi sviluppi. Veniva forse a mancare in alcuni tratti l’estro poetico di Morrison, e in effetti i versi cadevano talvolta in alcune cliché efficaci ma poco originali e al servizio di una vena compositiva frizzante e potente; per contro, in quel periodo Jim Morrison incentrava le sue ambizioni artistiche proprio sulla poesia e, dopo varie esitazioni e su consigli di amici fidati, ebbe l’idea felice di pubblicare in edizione limitatissima una sua silloge poetica e di trasferirsi a Parigi, città di riferimento di Arthur Rimbaud, di cui Morrison era da anni debitore.

Nichilismo

Nella solitudine, e mentre svolgeva un taccuino pieno di idee che intitolò il Giornale di Parigi, Morrison ritornava alla poesia per la poesia, al suo richiamo più forte. Fin dall’adolescenza i grandi autori avevano travolto la sua esistenza e per sempre sarebbero rimasti suoi riferimenti assoluti: Arthur Rimbaud e Aldous Huxley, come già citati, ma anche Louis Ferdinand Celine e, importantissimo, Nietzsche e il suo nichilismo; ebbero su di lui un ruolo minore ma sempre fondamentale i membri della beat generation, da cui egli attinse il ritmo, il verso libero, quella libertà espressiva che gli permise di riversare ogni ispirazione con l’urgenza a cui voleva obbedire.

Poesia e flamenco

La sua adesione ai Doors, tuttavia, tradiva forse la consapevolezza che la sua arte poetica mancava di quella forza espressiva e quella verve che potesse impattare sul lettore; i Doors erano un gruppo musicalmente variegato e nuovo, intriso di blues, psichedelia, jazz e flamengo e con un apparato ritmico straordinario e insolito; l’istrionismo di Morrison aveva trovato casa e le sue poesie suggestive potevano rifarsi a un mezzo comunicativo che avrebbe avuto accesso alle agognate porte della percezione.

La canzone fantasma

Jim Morrison era il sacerdote che scuoteva gli animi degli ascoltatori e la sua poesia, supportata da una voce baritonale profonda e penetrante, raggiungeva picchi da epopea e slanci vicini alla tragedia greca, nel cui frastuono sonoro e acido si infiammava. Morrison era grande performer della parola e il blues ne accompagnava il respiro; la differenza di resa fra The End e Ghost song è abissale: nel primo caso il suo lirismo traeva forza dalla voce plasmata nella musica e nell’interpretazione per elevarsi a simbolo; nel secondo brano, con una sovraincisione di Morrison che leggeva le sue poesie, manca l’alchimia straordinaria che aveva caratterizzato tutta la carriera dei Doors.

 

Il poeta e il dirigibile

Il Dio serpente non sempre affascinava il pubblico. Non sempre scatenava i sentimenti degli spettatori. Esempio fu il concerto del 1969 al Seattle Pop Festival. Il pubblico pareva disprezzare un Morrison stanco, ingrassato e incomprensibile, e a rimediare all’esibizione fallimentare furono i Led Zeppelin, giganti dell’hard rock. Lo stesso Robert Plant, fan dei Doors e allora giovanissimo, si disse deluso e disgustato dalla performance del cantante-poeta. Benché abile paroliere, Plant non era ancora poeta consapevole come Morrison, ma serviva la sua voce allucinata a un blues supersonico che avrebbe presto dominato le classifiche mondiali degli album. I tempi cambiavano in fretta.

 

Parigi

Morrison salutò l’America e riparò in Francia, a Parigi. Perse peso, ritornò alla poesia. Il suo canto si prestava accondiscendente alla musica dei Doors. Nacque, con minori complicazioni, L.A. Woman. Il poeta ritornava ai suoi abbozzi, le parole, gli appunti, la poesia. Ritornava alla sua più genuina dimensione.

Ma ci lasciò in circostanze poco chiare cinquant’anni fa.

Il dubbio

E ora ci resta l’ammirazione per le sue canzoni e un piccolo dubbio: poteva la sua poesia riuscire senza la musica dei compagni di gruppo? O viceversa la musica dei Doors sarebbe passata inosservata senza il misticismo poetico di Jim Morrison?

 

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