VENDERE VENDERE VENDERE (che brutta cosa?)

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VENDERE VENDERE VENDERE (che brutta cosa?)

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Il fatturato dell’egotismo

Molti, moltissimi aspiranti poeti hanno un sogno apparentemente semplice: diventare Poeti, con la P maiuscola. E pubblicare cioè libri di poesia (fin qui ci siamo), essere riconosciuti come artisti del sublime, capaci, con inesauribili iperboli e figure retoriche, aggettivi ed esclamazioni sospirose, le mille cose dell’amore.

E vendere libri. Tantissimi.

D’altronde gli esempi correnti sono perfetti, e uno, paradigmatico, si chiama Giulia Soleri (basta digitare su Google “Giulia Maneskin Damiano” per intenderci; ma NON provate ad accostarvi Alda Merini). Si tratta di un caso tipico: una ragazza appassionata di poesie che si cimenta a scriverle. Frasi a capo, con riferimento assoluto il Maestro Instagram e i suoi spot sentimentali. Giulia Soleri ottiene il suo libro in ristampa in meno di quarantotto ore e attira frotte di giovani al Salone del Libro di Torino. Risparmiamo i commenti e (non) consigliamo di leggere i suoi versi.

Con sottesa profondità, alcuni di questi poeti in erba intuiscono di sfiorare con la poesia un mezzo elettivo per sondare la realtà, e, in casi eccezionali (e parafrasando Iosif Brodskij a proposito del gigante Derek Walcott) la capacità inevitabile di sondare l’infinito e affrontarlo con speranza e angoscia.

Lampo

Ed essendo esseri viventi/comunicanti – e avendo la Poesia una prodigiosa quanto insondabile capacità comunicativa – è giusto contemplare anche la soddisfazione interiore dell’artista che avvince il lettore con le parole, e gli regala il vero piacere della lettura – una sfida intellettuale, talvolta, e non propriamente una dose sdolcinata a caramellare l’istante della quotidianità; il “lampo lirico dell’istante” (sempre Brodskij a proposito di Walcott) può testimoniarsi su una pagina. E la pagina su un libro.

Derek Walcott

E come può arrivare il libro all’appassionato lettore? Per quanto la magia della lettura si propaghi anche grazie a internet e alle social-diavolerie, il libro rimane un piccolo tesoro tangibile, da annusare, da spiegazzare. Addirittura da sfogliare in libreria prima di decidere sull’acquisto (il lettore forte preferirà un libro dalla copertina pulita e con un buon font con cui leggere autore e titolo, come propone per esempio l’editore Quodilibet; se ne resterà lontano da immagini ipersature da cui sorride sornione Alberto Angela, perfetto per la compagnia sotto l’ombrellone).

L’editore è l’intermediario. Spesso in combutta o in lotta coi tentacoli onnipresenti dei distributori. Un libro, se distribuito e posato sul tavolo espositore, dura al massimo una settimana: le centinaia di novità quotidiane incalzano. Il libro collocato di taglio su scaffale è un libro-zombie che si nutre dei cervelli dei bravi malcapitati (talvolta bravi davvero, lettori curiosi ed esigenti).

A Dio, Patrizia Cavalli

L’editore tuttavia è anche imprenditore. Deve vendere. Vendere Poesia, in particolare, pare una brutta cosa, poco romantica. Ma se il libro vende, permette coi suoi ricavi di pubblicare un altro libro, e un altro ancora. Il nostro editore di Poesia più straordinario, Nicola Crocetti, ha arricchito così il suo catalogo per cinquant’anni, regalandoci Ritsos, Transtromer, Piersanti, Calandrone. ScriverePoesia si ispira al suo esempio e cerca di condividere mille idee.

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Patrizia Cavalli

Un editore con la mentalità imprenditoriale può davvero lasciar respiro alla Poesia? Può vivere decenni e contraddistinguersi e far sentire, noi lettori, degli eletti destinati a conoscere i versi più straordinari? La serie bianca Einaudi ci vende ancora Patrizia Cavalli, che proprio in questi giorni ci ha purtroppo lasciato: le sue parole sono esaurite e i libri dati in ristampa proprio sui maggiori e mostruosi store online: la Poesia si eleva anche nelle classifiche e vende.

“Il mio felice niente”

È proprio brutto ragionare su questi termini. Vendere, vendere, vendere. Alcuni poeti, anche bravi, ciechi e poveri, declamavano poesie dialettali nella piazza della propria città: qualche ascoltatore offriva in cambio un po’ di pane. Odoardi Giansanti detto Pasqualon è andato avanti così, con qualche stento di troppo. Ma la gente lo ascoltava: la poesia è arte che richiede arte dell’ascolto e momenti che il tempo insaziabile divora nell’indifferenza – e la scoria, ossia ciò che rimane, il verso, è un momento immortale di bellezza.

Ma a quale prezzo?

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Dalla copertina del libro VITA MERAVIGLIOSA (Einaudi)

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