Iniziare a SCRIVERE (leggendo)

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Iniziare a SCRIVERE (leggendo)

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“Leggere e leggere e leggere!”

In principio…

Esattamente due settimane fa partiva il primo concorso letterario di ScriverePoesia Edizioni dedicato alla prosa e alla narrativa. Un richiamo utile per poter avvicinare i lettori e aspiranti autori alla nostra piccola realtà editoriale: l’accesso è infatti riservato a chi ovviamente certifica la tassa di iscrizione con l’acquisto di uno dei nostri libri di catalogo

(per maggiori informazioni si può consultare il bando a questo link:

https://scriverepoesia.it/wp-content/uploads/2022/09/premio-letterario_scrivere-poesia_bando-1.pdf

In questo modo si sostengono automaticamente le Onlus di riferimento che SP vuole aiutare, come Save the Children, Bossy, Airalzh.

Tuttavia anche in questa occasione SP cerca di avanzare una proposta la cui risposta auspicabile si dimostra nel mondo libro: rovesciando la standard secondo la quale in Italia si scrive tanto e si legge poco.

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PASQUALON

Ogni scrittore e poeta è soprattutto un lettore. Esistono forse eccezioni che confermano il dato di fatto: completi illetterati capaci di decantare poesie profonde e penetranti (è forse il caso del poeta dialettale pesarese Pasqualon, o Clelia Marchi, agricoltrice e scrittrice italiana divenuta celebre negli anni ottanta per la sua autobiografia scritta su un lenzuolo, Gnanca na busìa); un simile miracolo è riscontrabile nella storia di una vita di Vincenzo Rabito con Terra Matta, raccontata con scrittura orale e di eccezionale espressività.

Emulazione e Empatia

Di fatto, l’arricchimento e il piacere della lettura ispira talvolta l’emulazione. Il desiderio di comunicare con passo imperante (e talvolta inappropriato) i propri sentimenti, che col tempo rischiano di dipanarsi, ma devono essere immortalati; e chissà se tale emulazione nasconda in realtà un sentimento di empatia che sboccia con la volontà di interloquire, di aprirsi a propria volta, in risposta al sentimento e al pensiero altrui?

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GABRIELE D’ANNUNZIO

Si risponde quindi all’altro da sé per scoprire tuttavia che la propria risposta (sostenuta da mente e cuore, dalla propria interezza) è rivolta al silenzio. Lo scrittore non affianca fisicamente il lettore ma lo accompagna in una storia con personalissime parole e con stile; il lettore vuole ricambiare la stretta, e con scambievolezza riprendere la scrittura; l’umanità si racconta trasmigrando da un ingegno all’altro, da una penna all’altra?

Che cosa dire della poesia? Di certo non si insegna la poesia, ma è chiaro il desiderio di molti di scriverne tanta, e di comunicarla e pubblicarla; ma se non c’è un riferimento letterario autentico dato dall’amore per la lettura, che cosa scrivere e comunicare se non poesie che ricalcano le lezioni scolastiche o che riprendono lo stile dannunziano o carducciano (peraltro derivato da due grandissimi poeti sottostimati dai giovani)?

Farsi avanti

Molti fra coloro che si candidano al concorso di ScriverePoesia preferiscono pagare un’iscrizione, repentinamente, e affrancarsi dall’idea di ottenere un libro in più che la Casa Editrice propone: e non è un caso che molti chiedano se per pubblicare devono pagare, e quanto; e alla risposta che non si paga nulla, per pubblicare, e anzi è previsto un anticipo sulle roylates da contratto, si provoca un corto circuito; si capisce da par loro, cioè, che

Autore: “Ah, ecco, quindi si paga, si paga con questo anticipo!”

Editore :“Ma no, guardi, non ha capito, l’anticipo è per lei, per il vincitore: siamo noi a pagarla per il lavoro.”

A: “E che significa?”

E: “Che la paghiamo per l’opera che ha scritto, se vince.”

A: “E cioè?”

E: “Le diamo un anticipo!”

A: “Se vinco il concorso?”

E: “Proprio così!”

A: “Certo, certo, ora è chiaro: ma se non vinco io, ma vi pago, poi mi pubblicate lo stesso?”

E: “Ahia…”

Quindi non è forse un’opera che contenga una sua forza ad avvalorarsi di una pubblicazione: il concetto viene rigettato in toto. Bisogna pubblicare per il semplice fatto che… bisogna farlo. C’è una verità forse scomoda che si annida dietro le nostre ambizioni e il nostro sogno: il merito è un elemento aggiuntivo; o meglio: la pubblicazione non deve essere necessariamente dedicata a opere meritorie, ma a opere che piacciono... a noi stessi soprattutto.

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LEGGERE, LEGGERE SEMPRE!

E il capolavoro?

La qualità deriva spesso dalla consapevolezza di un talento e tale consapevolezza trova aiuto dal confronto fra lettore e la propria scrittura; infine l’editore di riferimento, che non chiede contributi di pubblicazione, cerca proprio la bontà dell’opera, giacché dalla qualità si racchiudono i giusti riferimenti per costruire una identità precisa e vincente a un catalogo da vendere.

Va da sé che la mamma, lo zio e il cugino non rappresentano il lettore ideale (a meno uno di questi parenti non abbia la levatura di Umberto Eco, non si sa mai): il consulente letterario può dimostrare di lasciare un valido appoggio per comprendere i lati migliori di una buona idea, così da farlo emergere agli occhi dell’editore. E la prima considerazione su di un lavoro già ben lavorato, rivisto, capito e ri-capito, può avvicinare la possibilità di un contratto.

E a contratto firmato, si sa, è nato un libro.

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