Rimbaud: la poesia, il fuoco (libro della domenica)

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Rimbaud: la poesia, il fuoco (libro della domenica)

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L’esaltazione poetica di Rimbaud che traspare da queste lettere straordinarie – ora preziosi documenti che L’orma Editore ha riproposto con note critiche eccellenti, a cura di Lorenzo Flabbi, e che ci guidano alla comprensione d’ogni pagina – è, si diceva, un’ esaltazione così forte, così sicura, che quasi ammutolisce ogni pensiero del lettore: resta solo lo stupore. Le lettere qui presentare testimoniano un poeta che anela a cambiare la poesia; ed è sicuro di farlo: vede già la sua opera oltrepassare la poetica di Baudelaire e vivere nella gloria nel futuro. 

È sicuro perché vede l’inevitabilità del cambiamento: il Veggentesi è svegliato, e l’indemoniato Rimbaud lascia briciole dei suoi intuiti ai poveri interlocutori a cui son destinate le lettere, vecchi amici e professori. I quali rispondono con sufficienza (è un ragazzino, è impazzito…) o addirittura rivedono e riscrivono per intero la poesia de Il Cuore suppliziato, ritenuto incoerente, in cui il giovane rielaborò un episodio di violenza e aggressione che subì a Parigi (i biografi non sono tuttora d’accordo). 

Il mio triste cuore sbava a poppa,

Il mio cuore è pieno di trinciato:

Gli lanciano schizzi di zuppa,

Il mio triste cuore sbava a poppa:

Sotto i lazzi della truppa

Che scoppia in una risata generale,

Il mio triste cuore sbava a poppa,

Il mio triste cuore è pieno di
trinciato!

Itifallici e soldateschi

I loro lazzi l’han depravato!

Al timone si vedono affreschi

Itifallici e soldateschi.

Oh flutti abracadabranteschi,

Prendete il mio cuore, che sia
lavato!

Itifallici e soldateschi,

I loro lazzi l’han depravato!

Quando avranno finito quelle cicche,

Che fare, o cuore rubato?

Ci saranno bacchici rutti

Quando avranno finito le cicche:

Avrò un voltastomaco

Se il mio cuore triste è svilito.

Quando avranno finito quelle cicche,

Che fare, o cuore rubato?


Ma Rimbaud ha fretta, il fuoco dell’ispirazione brucia e va diffuso, come Prometeo fece per aiutare l’umanità. Ci riprova, come se abbisognasse di un lasciapassare per scrivere e vivere a Parigi: per scrivere e vivere la poesia.


Ecco ora della prosa dell’avvenire dell’avvenire. Tutta la poesia antica confluisce nella poesia greca, Vita armoniosa.


La grecità dionisiaca di Rimbaud deve solo liberarsi, il corpo lo vuole, la mente allucinata e veggente pure, l’ebbrezza di una vita che va compiendosi nei versi. Come è possibile immaginare tanta fretta per precipitare all’Inferno, vivendoci una Stagione? Per Rimbaud è necessaria giacché non può trascurare i suoi intuiti – e perché la poesia debba liberarsi da ogni torpore e farsi guida per ogni libero pensatore. Rimbaud pare seguace della Comune che vuole devastare per ricostruire; egli dovrà fare similmente, e dovrà bruciare per questo. Deve ardere il doppio, e la sua fiamma, benché breve, illuminerà come nessun altro.

Il poeta è un ladro di fuoco

di Arthur Rimbaud

a cura di Lorenzo Flabbi

L’Orma Editore

Pag. 64, € 7


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