Fate ingorde nelle poesie di Emanuela Botti

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Fate ingorde nelle poesie di Emanuela Botti

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La magie delle fate ingorde di vita, tra sensualità ed esperienza: Emanuela Botti e la poesia puramente al femminile.

La poesia può
rivelarsi, alla fine di ogni pensiero e ogni conto, come un miraggio:
evanescente, incerto, ma promettente – una fonte cui attingere ai
limiti di un orizzonte dopo un deserto.

Ma in quel miraggio tutto
è possibile: come vedere la musica.

Emanuela Botti ha
scelto di toccare e sperimentare quel miraggio, quella poesia dove
tutto è possibile: anche la libertà. Una donna che
sperimenta la libertà nello spirito attraverso la poesia si scopre
fata; una fata ingorda, affamata di vita nelle sue mille
sfaccettature. Per essere tale, deve vivere una rinascita e scoprire
chi è veramente. Questo è lo scopo manifesto nella sua intensa
raccolta di versi, Le fate ingorde: una raccolta felicemente riuscita che esordisce con una
specie di monito agli uomini:

Gli uomini che si
voltano a guardare le nostre chiome

o più in basso

sembra non vogliano
guardarci negli occhi.

Noi, fate ingorde

abbiamo sguardi anche
tra i capelli

e ancora nell’estro
delle natiche

gli uomini che si
voltano

rinunciano all’istinto
di leggerci l’anima.

(GLI
UOMINI CHE SI VOLTANO, pag. 13)

Il
confronto con l’uomo rappresenta il primo passo verso
un’emancipazione interiore: le fate stanno a guardare a loro volta
con molteplici sguardi, ma, al contrario degli uomini che rifuggono
ilvedere, leggono
anche l’essenza delle cose. La poetessa intuisce che lo sguardo della
fata cattura l’istante per comprendere i particolari fondamentali di
ciò che la circonda, e sempre con le parole della poesia:

Credo a chi arrangia
parole

ma non usa la rima

a chi suda ferite

mentre beve speranze

e credo esista il
miracolo

nell’aurora umida tra
le gambe:

strozzare il dolore ai
bordi degli occhi

liberando quell’urlo

un canto di donna

libera di essere un
coro

(LIBERA,
pag. 14)

Impresa
più ardua è lo sguardointerioreper una poesia del corpo: la fata, consapevole di sé, della propria
femminilità, supera quel che resta di un silenzio spezzato dai
versi, procedendo oltre la “Paura di essere ciò hai smarrito”
(LA FELICITÀ, pag. 20) e si affranca dalla donna che era e da una
specie di sensualità dovuta, una passionalità sotto controllo,
liberandosi e affidandosi all’amore per la vita – a rischio di
sacrificare, inevitabilmente, la vita per amore. Una fata è
consacrata a una voracità, a una voglia di conoscere. E può essere
al servizio della poesia.

Il
libro Le fate ignoranti è edito dai tipi de La Vita Felice, casa
editrice che si conferma sempre più attenta alle voci spontanee e
profonde della poesia italiana. La silloge di Emanuela ne è la
prova.

Le fate ingorde

di Emanuela Botti

Editore La Vita Felice

Pag. 76, € 10

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