La poesia di un poeta nasce dal suo labirinto. E il poeta ama il labirinto. Non può fare a meno di amarlo e, amandolo, perdersi in esso. Ma davvero è così? Davvero in esso di perde? Nella sua mente, fra le sinapsi e tutte le incaute associazioni di immagini e pensieri scatenati da un intuito misterioso, un pensiero che connette lo spirito al mondo, questo labirinto non è altro che la sua casa, la sua esistenza senza porte, senza uscite; e il poeta, già perso, si perde nel particolare del percorso.
Il premio Pulitzer Charles Simic ne descrive i particolari, formando così una raccolta di descrizioni, connessioni e pensieri che imbastiscono un laboratorio poetico, alla genesi dei suoi versi.
Il mostro è presumibilmente quell’essere strano, non del tutto umano che regna disperatamente nel labirinto e uccide e divora i malcapitati persi nel suo mondo dedalico (o dialettico) . Divora parole, ricordi e amori. Sopravvive e pare non morire mai; potrebbe anche volare, ma vi rinuncia: perderebbe una casa irripetibile e creativa.
Il laboratorio raccoglie pensieri e associazioni spregiudicate, osservazioni quasi cliniche sul mondo, tutto quel marasma che la poesia sintetizza e, nel farlo, coglie il senso del principio che genera le cose di mondo – il mondo delle parole. O quelle tracce e quei brandelli di mondo descritti come una confessione lancinante di poche parole.
Il mostro ama il suo labirinto
Di Charles Simic
Adelphi Edizioni
Pag. 149, € 12