“Guardarla, ora.”
Scrivere Poesia è orgogliosa di pubblicare un racconto inedito di Felicia Buonomo, poeta di raro talento e di cui abbiamo già parlato nel nostro blog. Il racconto si intitola AL RISTORANTE ed è il ritratto spietato di un amore silenzioso, un’assenza inconciliabile – tante istanze esistenziali racchiuse e soffocate nella protagonista, dominata da emozioni contrastanti e – soprattutto – sorretta da una scrittura densa che conferma il talento di Felicia Buonomo, poeta e narratrice italiana fra le più interessanti degli ultimi anni.
AL RISTORANTE
«Vorrei vivere davvero con te
in una città piccolina
[…]
Potresti addirittura amarmi, in un luogo così…»
(Marina Cvetaeva)
Ha gli occhi a palla, sembra uno di quei cartoni animati che guardi per illuderti di essere ancora incosciente, scevra di vita reale e delle sue brutture. E ha un pessimo sorriso, con una spaccatura tra gli incisivi che mi domando continuamente come faccia a parlare, senza sentire il disagio costante del vuoto. Ha 36 anni e le rughe le sono già arrivate fin sul collo, anche nelle pieghe delle ascelle, come se ne avesse dieci di più, di anni. Per essere una donna dell’Est Europa abbassa di gran lunga la media estetica che accomuna le sue conterranee.
Eppure, la trovo bella.
Ha un carattere dolce, mansueto, adatto a una personalità dominante, piena di sé e che determina i suoi legami sulla base di quanto ci si possa imporre o non si possa essere disturbati. Non che la conosca, ma ho una specie di dote lombrosiana. Lo capisco se una persona è buona o cattiva; anche se nel secondo caso, spesso, ignoro il mio istinto per assecondare il mio spiccato lato masochistico, compensativo di un senso di colpa che viene da lontano e ugualmente ci andrà, lontano, se ne avrà il tempo.
La trovo piuttosto bella.
Aveva un sogno professionale, legato alla sua estetica, che continuo a considerare decisamente carente rispetto agli standard. Ho visto alcune foto che le hanno scattato anni fa, quando una innegabile graziosità la avvolgeva. E un articolo di un giornale locale, con tanto di riquadro fotografico e annessa didascalia.
La trovo decisamente bella.
Ora, la sua vita è legata a un uomo che sembra avere una posizione sociale definita. Non hanno granché in comune, pare di percepire, ma potrei sbagliarmi. Credo, tuttavia, sia comodo a entrambi vivere questa felicità comune. A guardarli, si direbbe stiano piuttosto bene; e su questa congettura, credo di non sbagliarmi.
La trovo incredibilmente bella.
Sono in un ristorante di una città che conosco a malapena. Ho percorso diversi chilometri per essere qui e osservarli insieme. Lo faccio con insistenza e disperazione.
La trovo straordinariamente bella.
Il cameriere si avvicina e mi chiede se voglio ordinare, aggiungendo al dovere professionale un fuori onda: “Il primo calice di vino te lo offro io e anche l’ultimo, se vuoi, ma insieme”, mi dice. Gli sorrido; sorrido a tutti, anche a chi mi infastidisce. Non che il giovane cameriere lo stia facendo, al contrario, mi lusinga. Ma io ho occhi solo per quella coppia seduta alla fine della sala. Lei gli sorride con compiacimento, intuisco che lui faccia altrettanto. Credo lei sappia bene chi ha di fronte, ma come molte donne che amano – un po’ per amore, di più per convenienza – ignora il lato extra di questa vita di coppia adornata da rituali quotidiani e ordinari.
La trovo fastidiosamente bella.
Non mi spaventa l’idea che possano accorgersi della mia presenza e dei miei sguardi insistenti. Non ho cattive intenzioni. Non ne ho mai avute, con lui. Non farei mai nulla che possa disturbare la sua costruita felicità, lontana dai miei occhi e dal mio corpo. Sono però eccitata. Penso che potrei passargli accanto, guardarlo e fargli cenno di raggiungermi in bagno. Una volta entrato, non lo bacerei nemmeno, andrei diretta sul suo sesso e lui me lo lascerebbe fare. Al solo pensiero il mio corpo reagisce, noncurante della dimensione pubblica, che – anzi – acuisce la scossa. Potrei farlo, vorrei farlo. A questo mi riduco: al proibito mai scelto, mi dico.
Lui mi dà le spalle, lei è di fronte e posso vederla chiaramente. Continuo a osservarla. Non ho sentimenti di astio, ma nemmeno di compassione. Guardarla, ora, mi provoca un moto di auto compiacimento.
Vedo lui guardarsi intorno, si volta, guarda nella mia direzione. Nemmeno ora, mi vede.