A caccia del Nobel
Banana Yoshimoto è scrittrice molto ambiziosa (ridendo e scherzando – ma non troppo – affermava di ambire al Nobel) e certamente la levità delle sue intuizioni e delle sue figure retoriche, lo stile morbido che riprende una voce soffusa e in un’aria di sogno, accarezzano sempre la mente del lettore, il quale avvede anche, tuttavia, alcuni momenti forzati e banali.
Se è vero che Kitchen, opera d’esordio, nella vicissitudini di una famiglia diversa e alternativa negli anni ’90, marcava una storia delicata con una nota briosa, talvolta Yoshimoto, pur di affrontare temi sempre a lei cari e profondi, come la morte l’amicizia e la vita adulta, smarrisce l’intuito felice ma sommesso delle opere giovanili. Vero è che il suo stile rarefatto e quasi onirico permane con tenace costanza, sì da indirizzare un dialogo premuroso con il lettore.
Sopravvivere
“Un leggero problema alla vista e le circostanze stesse della mia nascita, avvenuta quando mia madre era già in là con gli anni e in condizioni di salute piuttosto precarie, hanno avuto effetti devastanti sul mio carattere, per natura estremamente sensibile. Mia madre era una donna di indole affettuosa e solare ma piuttosto gracile, e dopo avermi partorito riuscì a occuparsi di me solo con molta difficoltà.
Da quella situazione sono uscita interiorizzando una strana combinazione di faccia tosta e delicatezza, miste alla giusta dose di indifferenza verso le opinioni altrui e alla capacità di intuire gli stati d’animo delle persone.
Fu questa particolare attitudine a consentirmi di sopravvivere all’infanzia, un’attitudine che conservo tuttora.”
Questo mini saggio (“Che significa diventare adulti?“, Feltrinelli Ed.) dimostra, senza i suoi tipici escamotage narrativi, una lucidità di pensiero rassicurante e malinconica, nello sforzo di narrare con garbo sé stessa. Opera ibrida e con piccoli simpatici disegni a ogni fine paragrafo, sembra di assorbire Rupi Kaur che si cimenta con la prosa – ma il paragone, almeno per chi ama la poesia, non è molto gentile. Ora Yoshimoto è inevitabilmente adulta e assai gradevole, ma non più sorprendente.