Michelangelo, grande genio senza rivali e cuore passionale del Rinascimento (sicuramente per importanza al pari di Leonardo da Vinci) ci lasciò lo scorso giorno, 18 febbraio, nel 1564. Scultore grandioso, straordinario architetto, impagabile pittore, è punto di riferimento dell’Arte occidentale.
Egli si cimentò nelle poesie. Cose sciocche, affermava: forse perché non contemplate nella sfera lavorativa, e scritte a tempo perso. Eppure nelle sue parole si rivela l’uomo, un uomo tormentato da paure, tormenti spirituali, amori impossibili; ciò che non osava tradire nei capolavori scultorei, diveniva concreto e affidabile nella poesia, strumento dell’anima e per l’anima.
Michelangelo è poeta affatto originale. Il petrarchismo era la scuola ideale per ogni poeta; ma a Petrarca (al quale si rifaceva spesso, in fin dei conti) egli preferiva Dante, quale giusta ispirazione per una poesia “sciocca” forse, ma sincera e dirompente. Michelangelo studiò Dante per anni quale riferimento per gli affreschi della cappella sistina. Dal pennello alla parola, lo serbò come approdo linguistico per i suoi versi e come maestro assoluto, poeta in volgare dal quale trarre esempio per la poesia personale, quanto mai diretta e libera da metriche che ne ingabbiavano il libero pensiero. Era una poesia per sé stesso e per le sue confessioni e riflessioni, sulla vita come sull’arte, effettivamente indivisibili.
È curioso pensare a un grandissimo artista, uno scultore infallibile e, non ancora trentenne, già ritenuto fra i più grandi di ogni tempo, incapace di esprimere concetti dell’anima – con lo strumento artistico per elezione – e di rifarsi alla poesia quale sola e unica via per raccontare di sé e la sua paura della notte.
Forse nemmeno con la Pietà Rondanini riuscì a liberarsi della paura della vita e della morte; anche allora scrisse poesie interrotte, semplicemente non finite (e non, come alcuni ipotizzano, “esercizi letterari”); parole fra anima e silenzio. E forse Michelangelo colse il senso della poesia, arrendendosi alla bellezza d’ogni cosa: per quello che è o per attendere Dio, ragione di ogni pena e felicità che muove il mondo.
Michelangelo
Rime e lettere
Utet
Pag. 700, €13,9