Nel fluire inesorabile del tempo, la poesia di Selene Pascasi in Un tempo minimo (Eretica Edizioni) e di recente proposto al Premio Strega Poesia, si fa sguardo, frammento di luce che illumina l’istante e lo trattiene. La scrittura poetica diventa così l’arma con cui l’autrice cerca di plasmare la realtà, di fermare l’evanescente, pur consapevole che ogni cosa scorre e si trasforma.
Ma ciò che si dissolve non si annulla: permane nei dettagli, nei colori, nelle immagini evocative che Pascasi tratteggia con una minuzia impressionista, restituendo al lettore una visione insieme nitida e sfuggente. I versi si insinuano nelle crepe dell’esistenza, tra disillusioni e ferite, eppure non soccombono. C’è un filo di resistenza che li attraversa, un’impennata vitale che si nutre di fiducia e di un amore quasi religioso per la vita stessa.
Ciò che distingue Un tempo minimo da molte raccolte poetiche d’amore è la capacità di sfuggire alla retorica ridondante, vizio frequente del genere. Pascasi non indulge in sentimentalismi superflui, ma lascia emergere, accanto alla tensione emotiva, un fondo amaro, come il residuo di caffè sul fondo della tazza. Un’amarezza che non appesantisce, bensì àncora la visione poetica alla sensibilità comune, rendendo i suoi versi autentici e condivisibili.