“Voi che per li occhi mi passaste ’l core.”
Quanta ispirazione e suggestione lascia questo riuscitissima e piccola opera di riedizione delle poesie scelte di Guido Cavalcanti, Donna me prega, edizioni Ponte alle Grazie: la curatela (con postfazione a opera di Giancarlo Pontiggia) invoglia a scoprire le composizioni di questo grande e fondamentale poeta, amico del sommo Dante, e da questi citato nei suoi capolavori (Vita nuova e Divina Commedia).
Sdegno
Ne emerge un autore e una persona di straordinaria cultura, uomo di studio, un isolato – aristocratico e sdegnoso – tuttavia coinvolto nelle complicate vicende politiche fiorentine che vedeva schierarsi in lotta Guelfi e Ghibellini.
La sua poesia – per subendo una lettura critica inevitabilmente attratta da quella di Dante, fra punti comuni e discordanti – offre una scrittura che predilige ballate, sonetti intorno all’amore.
In realtà una distanza abissale lo separa da Dante – questi, un uomo di fede e intimamente legato alla ricerca e conoscenza teologiche, Guido invece filosofo epicureo, come lo fu il padre, Cavalcante ‘de Cavalcanti.
Impeto d’amore
Questa sua natura si evince anche nella Poesia; è straordinario avvertire, nelle sue prove poetiche, l’emergere di una personalità scettica, quasi resistente a uno stilnovismo emergente che le parole intorno a quell’amore che sconfina oltre il cielo e coglie un senso divino al nostro esistere. Come dice Pontiggia nella postfazione del libro, “Se Dante interpreta l’impeto d’amore in senso etico, Cavalcanti lo fa in termini naturalistici.”
[…]
E’ trasse poi de li occhi tuo’ sospiri,
10 i qua’ me saettò nel cor sì forte,
ch’i’ mi partì’ sbigotito fuggendo.
Allor m’aparve di sicur la Morte,
acompagnata di quelli martiri
che soglion consumare altru’ piangendo.
(da O donna mia, non vedestù colui)
In Cavalcanti – specie nelle ultime poesie – ecco un impulso personalissimo che sfocia in chiuse in cui trapela scetticismo, amarezza, o forse il predominio di una ragione materialista – in una inedita e straordinaria alchimia fra poetica mistica e al contempo razionale; un debito riconoscimento alla bellezza e una sfiducia verso la bellezza medesima quando pare suggerire la salvezza dell’anima o un anelito irresistibile all’eterno. Cavalcanti si rinnova fedele alla propria filosofia e a un malcelato tormento; tale dicotomia lo rende figura artistica di grande attualità la cui influenza su Dante è e ben più profonda di quanto trapeli.