Nella nostra vita individuale, comune e sociale mancano forse le idee; la fatica ad attingere dal mondo delle idee, dal dare forma pratica e costruttiva ai pensieri, è appesantita da una pletora di informazioni e stimoli che alla lunga sono coartanti e ci spoglia di ogni pudore per divenire inconsistenti o, con le parole di Biung Chul Han, trasparenti; pochi uomini hanno avuto alla fine del secolo scorso idee forti e con esse hanno conquistato il mondo: come Steve Jobs. Ma questi era un pirata di Silicon Valley e allontanò la minaccia del mondo orwelliano nel 1984 offrendoci in pasto a esso con una geniale e costante strategia di marketing: la religiosa e tecnologica libertà di non essere liberi.
Insomma, la premessa è lunga. Un po’ fuorviante. Ma ritornando al concetto di idea: in un mondo senza idee e senz’anima (per il resto c’è mastercard, come a dire: per il resto c’è il consumismo) chi può imporsi in una società per migliorarla? Quale politico, visto che la politica aiuterebbe il nostro Paese a giungere al benessere per tutti e alla prosperità? C’è il mastercard politico dei giorni nostri: Matteo Salvini.
Salvini che qualche giorno fa affermava con sicumera di un oscuro piano del governo affinché il paese venisse infettato dal Covid dagli immigrati clandestini premurosamente accolti per alimentare lo stato d’emergenza; ma se lo stesso poche ore dopo presenzia quale politico d’onore a un convegno “negazionista” del Covid 19 e al Senato rifiuta di indossare la mascherina (se e quando al Senato ci va) in sostanza che vuole dirvi? Che il pericolo Covid non c’è? Se non c’è, lo importano o no i clandestini?
Salvini dice tutto e nulla. L’idea di fondo? Nessuna. A monte, anzi, è l’idea di toccare le paure degli elettori, i quali si aggrappano all’unico politico che solletica le nostre sensazioni di pancia, l’emotività: un aggrapparsi continuo a pensieri aleatori per instillare e far perdurare una “sensazione” di idea e credibilità. Per il consenso.
La retorica antifascista, in quanto retorica, ha perso la sua forza; manca una memoria antifascista che, rievocandola, appare a sua volta un improvvido slogan anti-salviniano che non tocca le pance, eccetto i nostalgici antifascisti privi di idee o i cosiddetti radical chic e i loro bagagli di idee da salotto, sempre di moda ma mai vicino alle genti (sono così ormai dipinti). All’accusa di fascismo alla Lega di Roberto Saviano, maestro moralista e incerto eroe di oggi, è stato risposto con la retorica dello scrittore che scrive cose “impegnate” certo, ma da un attico a Manhattan, e quindi lontano dalle genti, sempre, come lontana appare da troppo tempo la sinistra italiana: insomma, a una confusionaria idea dello scrittore si è opposta una sensazione di fastidio e microdemagogia. Ha vinto la demagogia e la Lega di Salvini (e il centrodestra) ha raccolto ulteriori consensi.
Ogni idea è debole e non ha costrutto. Salvini regge il niente e con esso provoca l’acclamazione delle genti. Trasfigurata nei selfie popolano col nostro politico “capitano” nei locali e bar più belli di ogni città.
Il libro di Francesco Filippi pare uscito fuori tempo. Alla sua uscita ha avuto un buon seguito di lettori; ma attenzione: ricordo che a venderlo presso la libreria in cui ero attivo la gente lo comprava anche fuorviato dal titolo: Mussolini ha fatto anche cose buone. Non lo comprava per documentarsi sulle bufale del fascismo (“era ora che uscisse un libro così” mi disse un signore che lo cercava fra gli scaffali) ma per trovare conferma alle bufale stesse, conferme per una memoria personale che vede Mussolini e il fascismo come un periodo oscuro, va bene, ma neanche tanto. Perché dopotutto” si stava bene quando si stava peggio”, e la propaganda ha fatto molte vittime.
Matteo Salvini ricostruisce (o chi per lui) una propria identità liquida, mutaforme, con contraddizioni pacificate in una sovrapposizione incessante di slogan, prese di posizione, accuse scritte in lettere maiuscole, post su Instagram nel nome del buon senso d’occasione. Forse una figura perfettamente demagogica, transpolitica, adatta alle battaglie “contro” alimentate da tifo calcistico (in cui tutti si è ct e perciò degni del vociare salviniano): Salvini è prossimo alla gente, con noi e come noi, e anche le sue incursioni al Papeetee è “da noi” e lo vestono di maggiore autenticità. È quello che conta per un’ascesa al potere, se potere si può ancora chiamare e ancora lo cerchiamo affinché ci governi.
Nella demagogia fascista era in atto invece una costruzione senza fallo del mito, di un sistema che bonifica, pensiona, regola mascolinamente la dignità delle donne e addirittura crede in Dio, quando necessario; il mito soverchiò allora i fatti, la realtà violenta del totalitarismo, e fece storia; una storia rivelatasi perdente e falsa. Il mito persiste e così le persone che credono in esso e puntualmente se ne escono con “Mussolini ha fatto anche cose buone.” Tutti d’altronde si conosce il presunto buono che ha fatto, quel bene nonostante il male; ma il libro smonta ogni favola propinata, per raccontare, in sostanza, che le buone cose sono state fagocitate, mitizzate e rinominate: le pensioni, le opere di bonifica, previdenza sociale erano già attive, e sono state fasciste. Vi sono dati, date, appunti storici: vi sono tracce fondamentali di memoria. Senza memoria, oggi come oggi, si instaura un clima di incomunicabilità, in quanto privi di identità da confrontare.
Oggi, nell’eccesso di informazioni, telegiornali trasmessi con toni e linguaggi 2.0 da social network, si rischia di credere a niente ovvero a tutto, e privi di ogni idea ci si priva anche di identità comunicative e di senso del presente e della realtà. In questa irrealtà qualche politico quasi troneggia con perfetto tempismo.
È quello che vogliamo?
Mussolini ha fatto anche cose buone
Di Francesco Filippi
Bollati Boringhieri
Pag. 142, € 12