“Nel museo della vita”.
Con Selene Pascasi prosegue la rassegna delle poete e dei poeti emergenti e contemporanei che raccontano la loro vita, la loro Poesia.
Selene Pascasi è prosatrice e firma di romanzi e racconti, oltre che poeta. Tale predisposizione le consente una scrittura poetica che offre scorci sensibili e profondi di momenti esistenziali ed emozionali e la pone come autrice fra le più incisive nel ricchissimo panorama della poesia emergente italiana.
If you have the words, there’s always
a chance that you’ll find the way.
Se hai le parole, c’è sempre
la possibilità che troverai la strada
(Seamus Heaney)
Ricerca
Poesia come atto di responsabilità etica, costruzione, ricerca, viaggio. Così era considerata da Heaney, poeta, scrittore, critico e traduttore scomparso nel 1995, e così, nel mio piccolo, la considero anch’io. La Poesia è un percorso, per me vitale, che guida il sangue alla meta dell’identità. È sentiero che accoglie le parole per condurle altrove, in un luogo apparentemente lontano dal poeta ma in realtà a lui molto vicino. Un luogo intimo. Un luogo dove celiamo il noi al mondo per timore di non essere compresi, di mostrare le fragilità. Per mancanza di coraggio. Sì. Ci vuole un gran coraggio per aprirsi, per spogliarsi degli scudi mentali che ci cuciamo addosso fin dall’età della ragione ed esporci nudi ai nostri occhi e soprattutto a quelli di chi ci leggerà. Un percorso aritmico, faticoso, intriso di rinunce e sofferenze, che ho intrapreso da bimba. Ricordo bene la mia calligrafia acerba tatuata sui quaderni. Immancabili, dopo aver terminato i compiti, i miei dieci minuti di inchiostro scaraventato sul foglio.
Cura
Poesia? No, non direi. Erano semplici pensieri che, però, mi rassicuravano. Erano già cura, come ora. Il nero della penna dava forma al mio universo, ai sogni. Il miscuglio di sensi che cullavo nella pancia diventava reale. Una parte di me, grazie alla scrittura, usciva fuori da me. Il mio sentire diveniva tangibile. Aveva un colore. Potevo vederlo. Ecco. Sentire è un verbo che amo follemente perché è una chiave capace di far accadere cose bellissime. Se, per esempio, riusciamo a sentire le emozioni degli altri, anche quando non le trasmette la voce, siamo dentro di loro. Siamo noi quel «loro». E non è forse questo il senso più puro dell’empatia (ἐν «in» e -patia), del saper comprendere lo stato emotivo altrui solo dal silenzio? Credo di sì.
Tre quarti di cuore
L’empatia è una malattia meravigliosa che ti entra nelle ossa e non ne esce più. Mi riguarda ancora, per fortuna. Ed è per metterla alla prova che non ho smesso di scrivere. Solo da una decina di anni, però, mi sono svelata agli altri. La prima silloge, infatti, arriva tardi quando, convinta da mia madre a superare il mio pudore letterario, pubblico «Con tre quarti di cuore» dedicata per un quarto all’amore e per tre quarti a temi sociali (stigma, ingiustizia, disuguaglianza). Liriche senza filtro che guardo con tenerezza come:
LE TRE SALE
Nel museo della vita
gremita è la prima sala
quella in cui è esposta la tela delle migliori Virtù
Nel museo della vita
men stipata è la seconda sala
quella in cui mostriamo le più scomode Verità
Nel museo della vita
semideserta è la terza sala
quella in cui affiggiamo Errori, Assenze, Debolezze
Lì, nella terza sala,
vive solo chi ci Ama
Lì, rifugiarsi è un sublime conforto, respiro del cuore
Selene Pascasi
(da Con tre quarti di cuore, Galassia Arte, 2013)
Interferenze
Non nascondo che le mie professioni, di avvocato familiarista oltre che di giornalista giuridica, hanno interferito con la Poesia. A volte litigando, altre ricucendo strappi dell’anima. Penso agli sguardi delle donne che ho difeso nei processi per stupro, abusi o maltrattamenti e non posso non trasferire nelle liriche il dolore provato ascoltando le loro storie e vivendole sulla mia pelle, in nome di quella benedetta-maledetta empatia che mi invade le cellule. Gli amori malati, sofferti, sono diventati nodi primari. Ho dipinto nei versi la morte innescata dalle solitudini. Tele amare votate alla speranza come in una lirica della mia seconda raccolta «Come piuma sulla neve».
ROSE UCCISE SULL’ALTARE
Ho detto addio al mio nome
ho cancellato il rancore
ho raccolto fiori dal fango
ho costruito i miei inganni
solo per scrivere di te
su carta d’anima ingiallita
senza riflesso né colore
tra volti assenti e nuovi errori.
Così raccolgo le mie carte
giocando a barattare assenze
con mani stanche e colli tesi
su malinconie abortite
da ventri aridi agli amori
e labbra appese ad un dolore.
Ho detto arrivederci al pianto
ho sequestrato notti insonni
ho custodito vecchi sogni
ho scartato tre promesse
solo per scrivere di te
su carta d’anima ingiallita
senza riflesso né colore
tra volti assenti e nuovi errori.
Così imbratto ogni speranza
fondendo tempere e pensieri
con delusioni e tre perché
su vigliaccherie impigliate
a cieli monchi di domande
e rose uccise su un altare.
Selene Pascasi
(da Come piuma sulla neve, Ursini edizioni, 2018)
Rinascere
Ho poi affrontato, lacrime agli occhi, il tema della violenza di genere che, purtroppo, mi ha riguardato non solo come avvocato. Confesso, (perché non dovrei? Non è una colpa subire l’altrui brutalità) di esser stata, da giovane, aggredita da chi avrei dovuto sposare. Un trauma che uccise la fiducia prima del corpo. Ma, in fondo, è l’aggressore a scontare la condanna del rimorso ed il peso della colpa. La vittima, invece, può rinascere. E quando il corpo avrà ceduto ed oltrepassato il ponte dell’esistenza, l’anima volerà pura. Ne ho scritto in memoria di Roberta, uccisa dal suo ex, nella mia ultima silloge «Senza me».
LA MIA ANIMA È VENTO
Non trafigge
quel tuo piovermi addosso
come notte parallela
che piega i sensi del mondo.
Sai, la mia pelle è tempo
e il sangue si farà ricordo
sono già luce
(precipiti)
Non ferisce
quel tuo scrosciarmi dentro
come destino abortito
che uccide i sogni nelle vene.
Sai, la mia anima è vento
e il graffio si farà ricamo
sono già idea
(scompari)
Imiti sorrisi vigliacchi
brindi alla mia carne sfatta
-scivolo altrove-
A terra le mie spoglie
(l’amore ha le sue ali)
Addosso il tuo corpo
(l’odio ha le sue radici)
Sorrido.
Oggi è il giorno
in cui non sono morta.
Selene Pascasi
(da Come piuma sulla neve, Ursini edizioni, 2018)
E se il mio sentire sarà balsamo almeno per un cuore, avrò assolto il compito che mi è stato dato. Da chi, francamente non saprei. L’unica certezza che ho è che in alcuni momenti la Poesia arriva inattesa. Mi preme sul petto l’urgenza di scrivere. L’aiuto a nascere. E quando i versi sono inchiostro, non mi appartengono più. Sono altro da me. Quel che resta, e che mi chiama alla vita, è lo splendore del tempo. Nonostante gli errori. Nonostante l’amore.
NONOSTANTE L’AMORE
Non sporcate l’aurora
con flaccidi abbracci
girandole solitarie
metafore incompiute.
Offendete la tristezza
inchinatevi alle rughe
sfiorate d’alba gli anni
pazientate le stagioni.
Nonostante l’amore.
Selene Pascasi
(da Senza me, Eretica edizioni, 2021)
Chiudo con un passo della prefazione a «Senza me», di cui mi onora Marco Sonzogni (traduttore, poeta, critico, saggista, docente alla Victoria University di Wellington): Albert Camus sosteneva che un cuore inquieto desidera «possedere interminabilmente la creatura che ama» o «poterla immergere, quando sia venuto il tempo dell’assenza, in un sonno senza sogni che non possa aver termine che col giorno del ricongiungimento». Ma anche guardando avanti – soprattutto guardando avanti – bisogna fare i conti con «la perdita necessaria» (“Utopia”). Chi, come Pascasi, ha compreso il valore dell’assenza e ne dà testimonianza – la poesia, argomenta Claudio Magris in Microcosmi, è proprio «testimonianza dell’assenza» – è già avanti, è (quasi) pronta per il giorno del ricongiungimento.