“Il poeta sottrae tutto il meglio della vita per trasferirlo nella sua scrittura. Perciò la sua scrittura è così splendida e la vita così brutta.” (L. Tolstoj)
Lev Tolstoj, universalmente riconosciuto come uno dei più grandi scrittori della letteratura mondiale, è celebre per i suoi romanzi monumentali come Guerra e pace e Anna Karenina. Tuttavia, nonostante la vastità del suo talento letterario, la poesia rappresenta un ambito in cui non si è mai distinto, al punto che questa “assenza” è stata spesso oggetto di discussione tra studiosi e critici.
Analitico
Tolstoj aveva una mente profondamente analitica, una propensione naturale verso il realismo e un’insaziabile curiosità per le dinamiche psicologiche che animano l’essere umano. La poesia, con il suo linguaggio sintetico e fortemente simbolico, probabilmente non si adattava al suo bisogno di esplorazione minuziosa della realtà. Nei suoi scritti emerge chiaramente una visione che prediligeva la narrazione ampia e articolata, capace di dare spazio al dettaglio e alla riflessione morale, piuttosto che la condensazione lirica tipica del verso poetico.
A questo si aggiungeva una certa distanza critica dalla poesia stessa. Tolstoj, soprattutto negli anni della sua maturità spirituale, espresse opinioni ambivalenti nei confronti di questa forma letteraria, ritenendola talvolta troppo artificiosa o incapace di trasmettere il vero senso della vita. La sua ricerca di autenticità e semplicità lo portò a considerare il linguaggio poetico come un esercizio forse troppo elaborato per la profondità spirituale che intendeva perseguire.
Rigido
È importante sottolineare come Tolstoj fosse estremamente severo con se stesso. È plausibile che, anche se avesse scritto versi, non li avrebbe mai ritenuti degni di essere pubblicati o presentati al pubblico. Questa autocritica, combinata con una visione morale sempre più rigida, lo spinse a concentrarsi esclusivamente su quelle forme letterarie che riteneva utili per il suo progetto di esplorazione e miglioramento dell’umanità.
Un altro fattore che potrebbe aver contribuito alla sua difficoltà con la poesia è il contesto culturale in cui viveva. Nella Russia del XIX secolo, la poesia aveva già raggiunto vette altissime con autori come Puškin e Lermontov, figure quasi inarrivabili per qualsiasi scrittore successivo. Tolstoj, che mirava sempre a rompere con le convenzioni letterarie del passato, probabilmente percepiva la poesia come un territorio già esplorato e distante dalle sue aspirazioni creative.
Ammiratore
Ciò non significa, però, che Tolstoj disprezzasse la poesia. Ammirava profondamente l’opera di Puškin, che considerava un esempio di purezza e semplicità, ma non esitava a criticare altri poeti, come Dante o Goethe, accusandoli di mancare di autenticità morale o spirituale in alcune delle loro opere.
L’apparente “assenza” di Tolstoj dalla poesia non è tanto una mancanza quanto una scelta coerente con la sua visione del mondo e con il suo modo di intendere la letteratura. La poesia, nella sua sintesi lirica, non rispecchiava le sue esigenze di esplorazione narrativa e morale, elementi che trovavano invece spazio e compiutezza nei suoi romanzi e nei suoi saggi. Tolstoj ha scelto la forma che meglio rispondeva al suo bisogno di interrogare, spiegare e raccontare l’essenza dell’esistenza umana.