“Pagare per la pubblicazione?”
Provate a immaginare di realizzare un bel sogno: sviluppare le competenze, l’esperienza e – perché no – la sensibilità per realizzare un vostro progetto importante, a cui dedicare tanto tempo. Infine, a progetto concluso, cercate l’imprenditore e lo sbocco professionale perché il vostro progetto si concretizzi e si diffonda.
Ma l’imprenditore, con la promessa di celebrare e diffondere il progetto, che accetta con entusiasmo, vi chiede di pagarlo anziché pagarvi
Qualcosa non quadra.
Avete lavorato per il progetto, per il vostro sogno. Avete speso tempo, denaro. Soprattutto, in quel lavoro ci sono tracce importanti della vostra vita.
La domanda è: perché pagare per un lavoro che ci è tanto costato, anziché farsi pagare?
Domande e perplessità anticipano in effetti un discorso molto complicato che riguarda l’editoria italiana.
Esistono molto case editrici blasonate – grandi e piccole, si badi bene – che richiedono un contributo di pubblicazione. E quindi sborsare soldi perché il vostro libro di poesia o prosa venga stampato. In cambio promettono la pubblicazione con codice ISBN, la garanzia di un distributore, una pagina web, una nota introduttiva.
I prezzi di tale servizio variano secondo modalità con cui propinare il pagamento. Si va dall’acquisto di copie, almeno 50 o 100, o un pagamento forfettario che arriva fino a 2500 euro.
Prendiamo in considerazione la prima modalità (la seconda pare già abbastanza pericolosa).
L’acquisto copie tenta molto lo scrittore: pare soprattutto la conferma di un aiuto reciproco fra scrittore ed editore, per cui l’editore vi chiede di acquistare una parte della tiratura, sostenendo la vostra causa culturale, magari suggerendo che tale parte potrà essere da voi stessi rivenduta per recuperare la spesa. Ecco perché vi chiedono un acquisto delle 50 copie con uno sconto grosso sul prezzo di copertina.
Ma attenzione: lo sconto è per l’appunto sul prezzo di copertina e non sul costo di produzione. Se il libro viene venduto a € 10, la produzione dello stesso (oggi agevolata con la stampa digitale) costa almeno il 70% in meno, se non di più. In breve:
Il libro costa, per stamparlo, il 70% in meno = 3,00;
Il libro viene venduto all’autore con il 40% di sconto, ma sul prezzo di copertina, 10,00 € = 6,00
Da questo di può dedurre che l’acquisto da parte dell’autore comporta sempre un immediato guadagno dell’editore, che si ritrova a coprire per buona parte le spese di stampa. Con la vendita successiva del libro non dovrà recuperare sull’investimento perché l’investimento (ulteriore) lo ha già fatto l’autore, che in più dovrà ulteriormente ritrovare il posto, il giorno, il moderatore e il tempo per vendere il suo libro.
Ma l’autore… si sente un autore, ormai. La riconoscenza rivolta all’editore che, dopo tanti rifiuti incassati, ha creduto (?) in lui, è tenace. Gli apprezzamenti dei lettori / amici/ parenti, gli applausi del pubblico che hanno apprezzato il libro appena presentato: tutto ciò vale lo sforzo. Ma lo sforzo appunto è suo, non dell’editore. E davvero ci ha guadagnato sul proprio lavoro? O ancora ha sacrificato tempo e denaro per un libro al quale ha riposto anima e cuore?
L’editore si avvale di un grande distributore. Ciò non significa che il libro verrà distribuito: per arrivare alle librerie ci vuole il promotore; questi, insieme con il distributore, costa tantissimo, richiedendo fino al 60% del prezzo di copertina, mentre all’autore è destinato mediamente l’8%. Qual è dunque il sincero interesse, la sincera passione dell’editore/imprenditore per cui vendere un libro e arrivare al lettore/cliente, quando questi lo ha già raggiunto? Il cliente in questione non è l’autore stesso?
Qual è nel sedicente editore il criterio imprenditoriale (poco poetico ma necessario) per cui investire in viaggi, articoli web e manutenzione, magazzino, distributore, librai, se il suo riferimento economico più importante è sempre l’autore, al quale anche rivendere ulteriormente le copie avanzate della prima (minima) tiratura, con ulteriore sconto sul prezzo di copertina, anziché destinare il tutto al macero (anche la giacenza costa)?
L’editore, con tale logica, difficilmente avrà la spinta propedeutica a investire davvero sull’autore, cioè a essere se stesso, cioè a essere editore e rischiare. E tanto.
Oggi come oggi l’autore può avvalersi del self publishing. L’autore è il primo critico di se stesso e, se si piace, potrà essere tentato da una pubblicazione con Amazon o ilmiolibro.it . La spesa (sempre sua) è minima, il web può aiutare (ma in realtà non è facile diventare influencer) e così l’autore diventa editore. Eppure molti si rivolgono ai presunti editori tradizionali (a pagamento). Perché?
Perché necessita di una conferma, forse? Perché possa ricevere la lettera di un professionista che nel suo lavoro riconosca il talento? Può darsi.
Ecco che tuttavia ritorna l’ombra dell’editoria a pagamento che si aggrappa a un bisogno interiore legittimo.
Scrivere Poesia lascia solo un piccolo avvertimento: fate attenzione ai contratti onerosi. Se credete in voi stessi, rischiate con chi crede in voi.
Non lasciatevi disilludere dall’editoria a pagamento. In ogni sua forma.