“Ho sognato un gigante”.
VOLTARSI E GUARDARE
In un linguaggio chiaro e intenso, il poeta Antonio Bux (che negli ultimi anni già sviluppava una sorprendente carriera letteraria con varie sillogi poetiche pubblicate, la prima delle quali risale al 2012) propone una raccolta di poesie che spaziano fra varie tematiche, raccontando nell’insieme una vita vòlta a una percezione poetica e quotidiana delle cose. Il poeta vive con e per la poesia; Voltarsi, a cui egli approda, ospita un micromondo composto da ricordi, sensazioni, ispirazione, ed è altresì un’opera che si propone come autentico Canzoniere.
DENTRO LA PAROLA
Antonio Bux si è posto a critica e colleghi come una voce da seguire con estrema attenzione; il riconoscimento in vari premi letterari e le note di merito di figure culturali importanti come Giorgio Agamben (in particolare per l’ultima silloge, La Diga Ombra, pubblicata con Nottetempo) confermano la validità della sua promettente opera che è ancora in corso di evoluzione: un continuo scoprire all’interno della parola, il suo significato, la realtà che svela.
Questo libro antologico raccoglie le parti significative della sua vita poetica ed è ottima occasione per conoscere uno dei più interessanti e talentuosi poeti dell’ultima generazione. Già ordinabile presso il sito della Casa Editrice, l’indipendente e attentissima Graphe.it, Voltarsi è summa di un’unica e indefessa intenzione poetica e più voci che raccolgono una sola e passionale ricerca di sé: un vedersi e un voltarsi.
RADICI
Nei versi trapela costante un’innocenza interiore, puntualmente evocata e che la poesia illumina facendosi quasi preghiera (non a caso spesso si invoca Dio, quale soggetto al quale fare appello affinché il poeta possa vedere “il puro/in me che amo.” I versi sono sinceri quanto carichi di autentico lirismo e interrogativi su temi fondamentali dell’esistenza, e vengono messi in disamina con forza dirompente e un ritmo sempre sostenuto, anche a fronte di poesie lunghe poste come micro-racconti di sogni e infanzia, cuore gonfiato dal passato, vicina finge di dalla vita che era ma ancora pulsa:
HO SOFFIATO VIA SULLE RADICI
delle vite che mi ascoltano. Una pace
vicina finge di proteggere. Il meleto
dorato serpeggia meglio sembra un
muro amico mentre sfalda il sole.
E anche noi come rane in prossimità
di un lago di sale, siamo aiuole scalze.
Tutto questo perderci è della ragione.
INFINITO
Nelle ultimissime poesie, Antonio Bux pare presentare la summa della sua esperienza artistica confluita nel suo essere uomo, incatenato paradossalmente nella situazione comune di ogni persona, appesantita dalla caducità della vita: nonostante il volo della poesia – che si distacca dal suo autore – il poeta resta a terra e non vede altro che se stesso, con inquietudine
E questo disegnare fate, terremoti
con l’onda della mano il guscio duro
di una lumaca impazzita che striscia
sulla mia mano se penso inventata
la storia che mi vuole uomo. […]
Poesie che dettano la condizione ultima del poeta, ma anche il principio della sua arte: scrutare se stesso, in solitudine, un voltarsi per cercare forse un noi, come da natura umana. La sete dell’ispirazione continua a manifestarsi nella totalità del poeta, che continua a scrivere e a vivere nella Poesia e ritorna nell’infinito in sé stesso.