“Sai bene che/la notte non dormo”.
Gregorio Febbo assomma le sue prime esperienze poetiche ed esordisce infine con una silloge: reduce da varie prove poetiche in svariati concorsi letterari; e con maggior consapevolezza della propria identità letteraria, Febbo cerca una coincidenza – o quasi una osmosi – fra poeta e giovane uomo in questo libro, dal titolo esplicito Uomo ancora non sono, edito dalla giovani tipi di IVVI.
Fra uomo e poeta
Si tratta di una poesia di una trasparenza disarmante,. in cui i versi attestano una evoluzione di scrittura ben visibile in atto, quale strumento che, affrancandosi gradualmente dalle suggestioni facili e dai sentimentalismi dell’odierna letteratura di consumo e dal sovraccarico della retorica romantica, lascia respiro – seguendo un pensiero frenetico, quasi un’analisi assidua del sé – a una forza espressiva che cresce pagina dopo pagina. Il poeta interroga l’uomo, e questi, messo alle strette dal linguaggio poetico, ridefinisce le proprie certezze.
Capire tutto dell’amore
Si assiste quindi a una intensa battaglia semantica, quasi un contrappunto di voci tradite dal segno grafico della parentesi tonda: una decostruzione del respiro romantico volto a ogni pensiero catturato dalla bellezza delle cose, e, al contempo, una ricostruzione di un ritmo sincopato del componimento che testimonia la veridicità del sentimento, il suo inveramento. È inevitabile per l’uomo – come per il poeta – la necessità di appagarsi di vita con l’interezza dell’essere – e pare che nella contesa interiore fra uomo e poeta sia proprio il secondo a dar tono e testimonianza dell’essere: l’ispirazione letteraria risponde alle visoni policrome e quasi fantastiche della parola, che connette l’impulso delle emozioni alle sfumature, ai dubbi e alla coscienza del poeta, specie quando il non-ancora-uomo si raffronta con la persona desiderata, amata, liberando un tono confessionale e vitale e un attaccamento radicale alla bellezza, manifestazione più certa della vita:
Quasi le tre del pomeriggio,
il sole è ancora nel cielo,
l’azzurro invecchia di grigio,
ogni glicine è ingiallito di foglie,
ma tu he vai sempre oltre
ed hai capito tutto dell’amore
(rischi anche lo stesso amore)
per concederti la ricchezza
di poter coniugare ancora
ogni singolo colore e,
mentre assapori un dolce,
ti guardi intorno e,
nel tuo solito contorno,
ti capaciti con lieve stupore
che l’uomo è dominato da sfumature.
Bellezza
Ed è forse una necessaria poesia della solitudine, in questa fresca silloge, una solitudine che ritrova lentamente i mezzi espressivi di comunicazione e condivisione del sentimento in primis col lettore, primo testimone del fatto acclarato che l’uomo non è ancora tale se prima non si riconosce poeta e, secondo le intuizioni di questi, non affronta la misteriosa e irripetibile bellezza di ogni giorno che passa.