Con Agnese Coppola prosegue la rassegna delle poete e dei poeti emergenti e contemporanei che raccontano la loro vita, la loro Poesia.
Agnese coppola è fra le poete più interessanti e limpide degli ultimi anni; è autrice di Abbracciami Frida, con cui si è rivelata, e soprattutto di La Sete della sera in cui il suo linguaggio acquisisce una definitiva personalità e una sorprendente forza lirica.
UN VOLO DI MOSCA SULLE FERITE
Poiché uomo tu sei,
non dire ciò che avverrà domani,
e poi che hai visto un essere felice,
non dire quanto tempo durerà:
volo di mosca,
che l’ali ha sottili,
non è altrettanto veloce
quanto mutamento di fortuna.
( Simonide di Ceo)
Ed è così che la poesia mi appare in un frammento di Simonide di Ceo, poeta greco incontrato tra i banchi del liceo Carducci di Nola. Una lezione in cui ho appreso la potenza della poesia che in pochi versi concentra l’esistenza umana. Simonide lo fa associando la nostra felicità a un volo di mosca ad ali tese. La mosca, un insetto che non è per nulla tra i più graditi al genere umano; eppure il lirico greco ribalta la prospettiva come solo la poesia sa fare consegnando al lettore nuovi occhi. Da quel momento ho trovato nella lettura dei poeti un mondo parallelo, un rifugio, una parola che medica. La vita fin dall’infanzia non è stata molto semplice per me, ammesso che ci sia stata un’infanzia. Sono cresciuta in fretta a causa o grazie alle innumerevoli responsabilità che i miei genitori mi hanno sempre dato. Era necessario e li capisco anche perché l’amore non è mai mancato, anzi. E poi avevo la poesia.
Poi con un volo di mosca è giunta la morte che spezza in due le ossa, perché quando se ne vanno troppo presto persone giovani e per te importanti, non puoi che accogliere il colpo nelle ossa e spezzarti in due. Però la poesia è eternatrice e capisci che solo a lei puoi affidare il racconto di chi ti accompagna ancora oggi in quella che per me è stata La mia terra di mezzo. Una realtà nella quale far confluire passato e presente e soprattutto Napoli e Milano, dove mi sono trasferita per lavoro nel 2006.
Per me la poesia, quindi, è nata come necessità. È stata studio, emulazione, conforto, sfida. E con il tempo mi riesce sempre più difficile spiegare la mia. È un fango come diceva Orazio per la satira, fatico a distinguere gli elementi che la compongono.
I CAPELLI E UNA CIVETTA
Ho sciolto i capelli
è tempo di vita.
⠀
Scenderò da sola
senza darti il braccio
le scale tortuose di noi.
Avrò il mio equilibrio
anche tra le edere
sospese delle tue battute.
Traboccano troppe parole
sicure ma chiuse
in pennellate secche
di tempo lontano.
Sarò
tutto quello che sono
senza occhi rampicanti
sulla mia persona.
⠀
Ho sciolto i capelli:
è tempo di vivere.
⠀
Agnese Coppola
( da Ho sciolto i capelli , Abbracciami Frida La ruota ed, 2017)
Ed è cosi che un giorno arriva una civetta sul balcone della mia esistenza e incontro Lilith, che così veniva rappresentata nell’antica Mesopotamia. Lilith ha stravolto la mia vita. Mi ha scosso e mi ha trascinata nelle viscere più profonde della mia femminilità. È stato un viaggio che mi ha fatto nascere una seconda volta. E sono rinata con una missione che è quella di riportare alla luce l’arte e soprattutto la scrittura delle donne nei secoli a partire da Enheduanna che riconsegna alle donne il ruolo di fondatrici della poesia, diversamente da quanto appreso a scuola che faceva di Archiloco il primo poeta-soldato. È nato così il progetto scolastico Io sono Lilith che porto avanti dal 2014 presso l’IIS Alessandrini- Lombardini di Abbiategrasso.
DILLO TU ALLA NOTTE
La poesia è uno specchio, un confronto e un esercizio quotidiano. La poesia ha i suoi rituali e spesso hai bisogno di qualcuno che ti guidi e creda in te. Mi è successo per fortuna con Gianni Bombaci – poeta messinese da anni residente a Milano – con il quale abbiamo portato avanti un dialogo poetico confluito in un libro, Specchi appunto, edito dal Raccolto edizioni di Francesco Oppi.
Una sintonia poetica che mi ha spinto verso la vertigine della parole: con voi ora voglio condividere questo assaggio
DILLO TU ALLA NOTTE
Dillo tu alla notte
che i versi sono bugie
e le nuvole altra forma d’acqua.
Dillo tu alla notte
di non fare promesse
di raccontare fiabe
ai bambini
sotto la tenue luce di occhi
pieni di vento.
Dillo tu alla notte
di tirare giù le serrande dei sogni.
Lontano è il frinire delle stelle
bastarde pure quelle
che hai ritagliato da una rivista
passata per troppe mani.
Dillo tu alla notte
io non ho il coraggio di mentire.
LA SETE DELLA SERA
La poesia è sete insaziabile e un eterno scoprire tra le corrispondenze della vita e delle pagine. Ed è così che sono giunta al mio ultimo lavoro, un libro che Rossella Tempesta così introduce “Dotata di una vitalità organismica e orgasmica, questa poesia così densa di metafore, di mito e leggenda, di teatro e clausura ricorda potentemente, evoca quasi, il vivido fantasma poetico della Dickinson, ma ha il merito impudico di surclassarlo in sensualità carnale.”
Nella post-fazione Roberto Comelli aggiunge “La poesia, poi, fa ruotare il linguaggio, ha la grazia di condurre le parole a circoscrivere lo sconcerto: L’oltre arrotonda in me il vuoto. […]// L’oltre non è più nel corpo,/ è il mio vuoto pieno. Versi che parlano di una lacuna originaria, della quale non si può incolpare l’innocenza della vita. Qui le strofe che Agnese Coppola inanella evocano a volte la
matrice di un luogo mitico (Napoli velata, il suo caldo corpo quasi enumerato per frammenti).”
Su questo libro La sete della sera ( Ed. La vita felice) lascio parlare i lettori: io non aggiungo altro se non una poesia.
L’oltre arrotonda in me il vuoto.
Non ti muovere! Muoversi è valle
misura le vette, parti dal fondo.
Rovista tra i boschi
i semi sono stati appena piantati.
Aggrappati ai virgulti,
procedi a piedi scalzi
in cima, pre-ci-pi-ta.
Adagio, piano, aspetta
in volo organi a tempo.
Cuore, continua, danza
impazza, pulsa, respira.
L’oltre non è più nel corpo,
è il mio vuoto pieno.