Dalla voce allo schermo: la trasformazione della poesia tra oralità e digitale

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Dalla voce allo schermo: la trasformazione della poesia tra oralità e digitale

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“Canta, o dea, l’ira d’Achille Pelide, rovinosa, che infiniti dolori inflisse agli Achei…”

La poesia è nata con la voce. Prima ancora che fosse scritta, veniva tramandata oralmente, recitata, cantata. Nell’antichità, il poeta era colui che ricordava e raccontava, che con la parola dava forma alla storia, ai miti, ai sentimenti di un popolo. L’epica di Omero, i versi dei trovatori medievali, le ballate popolari: tutto era pensato per essere ascoltato, per risuonare nella mente prima ancora di essere fissato sulla pagina.

Questa dimensione orale della poesia richiedeva un ritmo preciso, l’uso di ripetizioni, di rime e schemi metrici ben definiti, perché il suono doveva aiutare la memoria. Il poeta non scriveva solo per sé, ma per un pubblico, e il pubblico ascoltava, lasciandosi trasportare dalla musicalità dei versi.

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ARTHUR RIMBAUD

Con l’avvento della scrittura e della stampa, la poesia ha iniziato a trasformarsi. Non aveva più bisogno di essere ricordata a memoria, poteva esistere sulla carta, essere letta in silenzio. Da arte collettiva, orale e pubblica, è diventata un’esperienza più intima e individuale. I versi si sono fatti più riflessivi, più frammentati, meno legati alla necessità del suono.

Oggi, nell’era digitale, assistiamo a una nuova trasformazione. La poesia non è più legata solo alla pagina, ma si diffonde attraverso gli schermi, nei social media, nei formati veloci e immediati della comunicazione online. La lettura non è più lenta e meditativa, ma rapida, istantanea. La poesia anche vive nei post di Instagram, nei tweet, nei brevi video su TikTok.

Cambia il modo di scrivere: il verso si accorcia, diventa incisivo, quasi aforistico. I poeti sperimentano nuove forme espressive, mescolano parole e immagini, giocano con la grafica, con la musica, con la performance. Alcuni creano poesie che svaniscono nel giro di poche ore, seguendo il flusso dei contenuti digitali.

Eppure, il cuore della poesia resta immutato. Il desiderio di catturare un’emozione, di dare voce a un pensiero profondo, è lo stesso di sempre. Cambia il mezzo, cambia la velocità della fruizione, ma la poesia continua a essere un’esigenza umana.

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RUPI KAUR

Oggi il poeta non declama più in una piazza, non scrive più per un pubblico che ascolta, ma per lettori distratti che scorrono un feed. Deve adattarsi, trovare nuove strategie per farsi ascoltare, per fermare il lettore anche solo per un istante. La poesia digitale è una sfida: come essere profondi in un mondo frenetico? Come mantenere la forza delle parole in un contesto che privilegia l’immagine?

Forse la risposta è proprio nella capacità della poesia di trasformarsi senza perdere la propria essenza. Dall’oralità all’inchiostro, dall’inchiostro allo schermo, il viaggio della poesia continua. Non importa il mezzo: finché ci sarà qualcuno che avrà qualcosa da dire e qualcuno pronto ad ascoltare, la poesia troverà sempre il suo spazio.

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